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La Pigiatura dell’uva

Dopo aver parlato della vendemmia, continuiamo il nostro percorso di vita in acetaia spiegando cosa accade dopo aver vendemmiato, ovvero la pigiatura.
Lo schiacciamento dell’uva, che ora è totalmente lavoro delle macchine, un tempo veniva effettuato con i piedi. Gli acini venivano schiacciati in appositi catini con un falso fondo o in carri dal fondo rastremato, come la carena di una nave, dai quali deriva il termine dialettale modenese “navaza”. La pigiatura dell’uva serviva e serve ad estrarre il mosto da cuocere e usare per rabboccare le botti di Aceto Balsamico.
La pigiatura con i piedi conserva la sua immagine poetica, possiede rimandi visivi che abbracciano le antiche tradizioni, ma sicuramente non è più in linea con le restrizioni in materia di igiene alle quali ora devono sottostare le aziende produttrici.

Il lavoro non meccanico originale garantiva uno schiacciamento leggero degli acini, le bucce non si spappolavano eccessivamente e gli acini acerbi rimanevano inesplosi, per questo il mosto ricavato era meno impuro e più dolce di quello ottenuto attraverso la pigiatura più potente e violenta delle pigiatrici.
Ad oggi, dopo anni di pigiatura meccanica, se non si adottano infatti sistemi tecnologici avanzati, la pressione eccessiva agisce anche sul “verde” rimasto nell’uva come folgie, raspi, vinaccioli e acini verdi. Ciò andrebbe evitato se si desidera una qualità eccellente di mosto.

 

La nostra scelta

Noi dell’Acetaia del Cristo abbiamo scelto di utilizzare una pigiatrice all’avanguardia, che riproduce lo schiacciamento che si avrebbe se lo si facesse con i piedi:

L’uva fuoriesce dal carro che la trasporta e viene immessa in un cilindro rotativo traforato, al suo interno vi è  “un pallone” in fibre e plastiche alimentari che si gonfia e si sgonfia, in un susseguirsi di cicli programmati e governati elettronicamente.

Essendo costituito da una superficie elastica, esso è in grado di applicare una speciale pressione sui chicchi d’uva che scoppiano solo se sono maturi. I chicchi non maturi, e evetuali altri corpi più rigidi (vinaccioli, bucce, raspi e foglie…) non liberano il loro succo ma vanno a premere a loro volta sugli altri chicchi. La spremitura è così selezionata, non tutto viene estratto come avviene con i grandi torchi e le potenti presse.

Gli scarti della pigiatura, le graspe, vengono portate in campagna e sono usate come concime, o se in grandi quantità, seguono un percorso controllato dall’Agenzia delle Entrate per la realizzazione di distillati.